Incontro un amico che non vedo da un po’.
Elegante nella sua giacca blu scuro, cravatta e valigetta.
Io sto con i jeans, una maglia un po’ smocciolata sulla spalla e uno zainetto.
Ovviamente il mocciolo non è il mio, sia ben chiaro.
Mi guarda e dice tutto orgoglioso: “sono diventato padre”.
“Ma dai, auguri!” gli faccio eco. “Anche io”
Ci scambiamo i soliti convenevoli, mostriamo lo sfondo del cellulare con la foto delle rispettive figlie e elenchiamo i pregi di ognuna.
“La mia ha iniziato a parlare prestissimo”
“La mia ha camminato da subito”
“La mia è buona, brava e non fa mai i capricci”
“La mia mette a posto, sparecchia e cucina da sola”
E poi, al culmine del delirio di onnipotenza, dice una frase precisa.
“Noi siamo tornati subito a fare la vita che facevamo prima”
Il tempo si ferma e io con lui.
Penso a cosa facevo nella vita di prima.
Dormivo. Oh si. Dormivo.
Non che fossi un tiratardi, ma almeno mi facevo quelle 8 ore di fila e magari ogni tanto ci scappava pure la pennica dopo pranzo.
Ma soprattutto se avevo sonno dormivo, se non avevo sonno facevo altro.
E poi…
Ah si, poi facevo cacca.
Ero campione italiano di perdita di tempo sulla tazza, roba che potevo starci anche un’ora leggendo di tutto, dalle istruzioni del dentifricio alle parole crociate fino allo scarico completo della batteria del cellulare.
Ora devo lanciarmi in bagno quei ventotto secondi netti prima che mia figlia mi chiami ed entri dicendo: “che stai facendo?”
Per non parlare della doccia… bei tempi… quando facevi scorrere l’acqua calda direttamente sulla testa per spazzare via i pensieri e ci restavi sotto finchè non arrivava quello del piano di sotto a dirti che casa sua si era completamente allagata.
Ma soprattutto prima mi facevo le maratone di serie tv, coperta, tisana e ciao mondo.
Ora mi mancano gli ultimi 20 minuti della prima puntata del trono di spade.
E l’ho iniziata nel 2016.
Vogliamo sottolineare l’intimità coniugale?
Quella che prima era passione ad ogni angolo ora è una landa deserta che si affaccia su un mare di nulla.
Non c’è tempo e quando c’è… dormiamo.
Guardo il mio amico, le mie occhiaie parlano per me e gli dico: “come fai a stare tutto il giorno con tua figlia ed essere così fresco e attivo?”
“Ah no. Io esco la mattina verso le 8 per andare a lavoro, stacco alle 17, vado in palestra, perchè altrimenti come lo tengo sto fisico e quando torno c’è la tata con mia moglie, il tempo di cenare e la bimba via a nanna. Tranne il mercoledì che ho calcetto e il venerdì che vado a swing. Anzi, stavo pensando di farne un altro.”
Ora capisco.
Capisco che c’è gente che i figli non dovrebbe neanche vederli in una foto profilo su fb.
Capisco che l’egoismo umano supera ogni confine e che non capiamo che mettere al mondo un figlio è una responsabilità costante e condivisa.
Condivisa con la famiglia, che sia fatta da un padre e una madre, due madri, due padri, come preferite, ma la famiglia è quella che da amore e affetto ad un figlio e lo fa crescere sano.
La famiglia è presenza.
E se non siamo presenti, cosa lo mettiamo al mondo a fare un bambino? Per cosa lo buttiamo in pasto alla vita se non gli diamo le basi su cui poggiarsi?
“Sai una cosa?” gli dico guardandolo dritto negli occhi
“Noi no, noi non siamo per niente tornati alla nostra vecchia vita. Perchè quella vita non esiste più. Perchè quell’uomo e quella donna che c’erano prima non torneranno mai più. Quando nasce un figlio si segna una linea. C’è un prima e c’è un dopo. Incaponirsi nel voler tornare indietro porta alla rottura della famiglia o al menefreghismo totale, come il tuo. Io ora ho una nuova vita fatta di notti insonni, cacca, pappe lanciate, disegni sui muri, coliche e febbre a 40. Ma anche una vita fatta di abbracci, di baci appassionati, di notti ammassati su un unico letto, di mani tese che ti chiamano e di occhi che non guardano che me. Quella vita che c’era prima non esiste più, al suo posto c’è un uomo nuovo, che ha tutto quello di cui ha bisogno.”
Lui resta in silenzio, non sa che dire.
Abbassa lo sguardo imbarazzato, farfuglia un saluto, prende la sua valigetta e va via.
Io prendo il mio zainetto, lo guardo e sopra c’è disegnato una cosa rossa che mia ha fatto mia figlia.
“Papà, questo è un cuore, te l’ho fatto con tutto il mio amore e te lo metto qui, così quando vai a lavorare pensi a me”.
Sorrido e penso che non vedo l’ora di tornare a casa e di abbracciare la mia signora e la mia principessa.
Pensavo di essere pazza a pensarla come te. È faticoso è vero ma è quello che ti fa vivere😘
no, siamo tutti sulla stessa barca 😀
È la parte più complicata del gioco,all’inizio ,accettare che tutto non sia più come prima,che tu non sia più tu e che poi manco te lo ricordi più com’eri prima. La mente umana ha la straordinaria capacità di adattarsi al nuovo affievolendo il vecchio, creando, quella sorta di substrato di amnesia che ti aiuta a non sentire tanto il peso del cambiamento. Un cambiamento che ti stravolge la vita. E diffido da chi esordisce dicendo ” io l’ho amato da subito, non mi è mai pesato nulla”. A me si! A me è pesato perdere me per far posto alla me nuova. Ed io l’ho amato conoscendolo,vivendolo e perché no, anche piangendo ripensando alla me meno lui.
Trovo che il tuo scrivere sia reale e concreto. Trovo il tuo scrivere la manifestazione e l’esternazione di pensieri comuni e reali,senza nascondigli.
grazie mille. Si fare posto al nuovo è sempre difficile, siamo restii al cambiamento, almeno all’inizio. poi ci adattiamo, scopriamo il bello in tutto, cerchiamo di capire cosa ci piace. e impariamo ad amare i nostri figli come niente altro al mondo.