Sembrava un sogno poi è diventato un incubo.
Quando ho conosciuto Chiara non mi sembrava vero.
Una donna incredibile, divertente, intelligente e bellissima.
Ci siamo incontrati in un pub, io sono molto timido e vedere che ricambiava i miei sguardi è stato come acquisire un super potere, sentivo scorrere in me la forza e le ho chiesto di bere qualcosa.
Abbiamo parlato, bevuto e riso tanto.
Poi ci siamo visti di nuovo e ci siamo messi insieme.
E’ stata la storia d’amore perfetta, in neanche cinque mesi siamo andati a convivere da me, eravamo sempre insieme e quando non potevamo ci sentivamo al telefono per ogni cosa.
Si, detta così sembra una storia morbosa e forse lo era, ma quando sei li dentro e provi quello che abbiamo provato noi, vuoi farlo durare per sempre.
Una sera mentre stavamo cenando a casa mi sono inginocchiato, ho aperto una scatoletta nera e le ho detto: “mi vuoi sposare?”
Lei tra le lacrime e le risate ha detto si e ci siamo baciati.
I miei genitori e gli amici erano increduli, io che non avevo mai avuto una storia più lunga di qualche settimana ora mi stavo per sposare dopo neanche un anno, ma dicevo a tutti che la vita va presa così come viene, quando una occasione è a portata di mano va colta per non lasciarsela sfuggire.
Chiara in abito da sposa era da inserire come ottava meraviglia del mondo, non c’era uomo che non volesse essere al mio posto, non c’era donna che non volesse essere lei.
Ero perdutamente innamorato e mancava solo un tassello alla perfezione.
Quando rimase incinta credevo di aver vinto alla lotteria, era tutto troppo bello per essere vero. Preparavo la cameretta, incerto se farla azzurra o rosa, ma intanto i mobili erano pronti.
I primi mesi della gravidanza sono passati tra qualche nausea e tanto sonno, poi la situazione si è un po’ stabilizzata.
Era una femmina, tutta casa andava dipinta di rosa.
Al controllo della trentesima settimana la ginecologa ci disse che poteva esserci qualche problema.
La bambina si agitava ed era in una posizione strana, non dovevano esserci grossi problemi, ma andava monitorata costantemente la situazione.
La settimana dopo dovettero operare con urgenza mia moglie, la bambina stava soffocando stretta dal cordone ombelicale.
Siamo corsi in ospedale, sentivo i dottori parlarmi ma io ero lontano anni luce, chiuso nella mia speranza che tutto passasse in fretta.
Dopo quasi 10 ore una infermiera mi chiamò dalla sala d’attesa: era andato tutto bene, fortunatamente mamma e figlia erano sane e salve.
Ancora una volta quella sensazione di gratitudine verso l’universo si fece strada in me, prepotente e esplosiva; ero al settimo cielo, tanto emozionato da abbracciare forte l’infermiera e tutti quelli nella sala d’attesa.
Siamo tornati a casa, felici dello scampato pericolo.
Poi qualcosa è iniziato a cambiare.
Vedevo mia moglie un po’ chiusa, quasi triste, mentre dava il latte alla piccola.
Ogni tanto, entrando in camera, la trovavo che si asciugava gli occhi e diceva: non è niente, saranno gli ormoni.
Sicuramente quello che era successo in ospedale ci aveva scosso, ma a lei aveva lasciato cicatrici più profonde.
La bambina era stupenda, bella come la mamma, ma come tutte le bambine di notte non ci faceva dormire.
Io cercavo di essere presente il più possibile, le davo il latte artificiale di notte per far dormire mia moglie. Poi ho scoperto che restava comunque sveglia a guardare fuori dalla finestra.
Una mattina, uscito dal bagno, la trovo affacciata al balcone.
Aveva in braccio la bambina, la stava cullando.
La bambina piangeva.
Anche mia moglie piangeva.
E’ stato un attimo.
Ha allungato le braccia oltre la ringhiera, con l’intenzione di far finire quel pianto.
Sono arrivato in tempo per bloccarle il braccio e portare la bambina nella culla.
Lei è scappata via in lacrime, tra vergogna e disperazione.
Non le ho rivolto la parola per tutta la giornata, incredulo su quello che avevo appena visto.
Quella non era la donna che ho amato, quella non poteva essere l’essere meraviglioso che mi ha cambiato la vita, quella non era la madre di mia figlia.
Ho chiesto aiuto a mio fratello, è uno psicologo, forse ne aveva visti di casi così.
E le sue parole furono il balsamo che mi serviva per placare la ferita.
La depressione post partum è una condizione molto più comune di quanto si pensi e di quanto si voglia dimostrare.
“La depressione post partum è un disturbo dell’umore che si manifesta con sintomi depressivi che continuano per > 2 settimane dopo il parto e interferiscono con le attività della vita quotidiana.“
Questo è quello che ho letto su internet, ma è molto di più, è una condizione che ti estrania da te, che ti fa vivere in una bolla, senza la possibilità di uscirne.
Il mondo è filtrato dal uno strato di nebbia e acqua e l’unico rumore che senti è il pianto inconciliabile di tua figlia.
Vuoi scappare, ma le gambe sono pesanti.
Vuoi fuggire ma il corpo è rigido.
Vuoi farla finita, con te o con lei.
Quando ho capito cosa stesse succedendo mi sono maledetto per non averlo capito prima, per non aver colto i segnali che potevano dire: hey, ho bisogno di aiuto.
Questo ci ha legati, ancora di più, perchè è nei momenti critici che si capisce chi hai veramente accanto.
Ne siamo usciti, ancora più forti di prima.
Amiamo nostra figlia, senza nessun ripensamento.
E abbiamo capito che il modo migliore per superare tutto è parlare e condividere con l’altro le proprie emozioni. Non abbiate paura, non sentitevi giudicati.
Può succedere a chiunque.
Siate solo uniti.
Sempre.
Ciao,
Giusto stamattina ne parlavo con la mia compagna. Abbiamo una bambina di 1 anni e mezzo, e ripensando a quello che i primi mesi ci sono costati, in termini di fatica e nervosismo, ADESSO ci viene un pó da sorridere. Anche la mia compagna ha attraversato un periodo di depressione post parto ed anche per me non è stato semplice rendermene conto… Penso che sia una situazione molto più comune di quanto i neo genitori siano portati a credere, ma anche per noi è passato ed adesso ci stiamo godendo la nostra bambina come mai abbiamo fatto… E piano piano tutto torna alla normalità anche per noi. Uniti si combatte, Uniti si vince…
Un saluto
Gaetano