Mi chiamo Marco, e sono un figlio. Lo so, qui si leggono solo storie di padri, ma questa volta vorrei raccontarvi il mio punto di vista.
Sono un figlio
O meglio, sarei stato un figlio perfetto.
Bravo a scuola, preciso, volenteroso. Ma soprattutto innamorato di mio padre.
Lo vedevo come un super eroe che salvava il mondo, lo vedevo gigante e altissimo, lo vedevo più grande delle montagne.
Ma era lui a non vedere me.
Scambiavo i suoi silenzi per affetto, i suoi schiaffi per carezze, la sua distanza per mie mancanze.
E questa sua assenza mi ha reso più forte, mi ha costruito una corazza per schermarmi dal mondo.
Non ho sentito più nulla, sono diventato autonomo, sono cresciuto prima del tempo giusto (chissà se c’è un tempo giusto per crescere).
Sarei stato un buon figlio, avrei giocato e recitato la poesia di Natale senza sbagliare, avrei disegnato le uova di pasqua e attaccato i fogli sul frigo.
Ma sono diventato uomo, con un padre assente e senza una figura che potesse supportarmi.
Ora che sono grande vedo mio padre sempre più piccolo, più curvo sui suoi anni, più fragile e leggero.
Ma ormai non riesco a togliermi questa corazza, le nostre telefonate si limitano a ciao, che tempo fa? Hai visto il calcio?
Sarei stato un gran figlio, invece sono solo un uomo solo.
State vicino ai vostri figli, siate i padri che avreste voluto avere, non pensate solo a voi, avete tra le mani una vita nuova, siate forti per loro.
Avrei voluto un padre di cui innamorarmi, un padre da emulare, un padre che mi invogliasse ad essere, a mia volta, padre. Un padre l’ho avuto e ce l’ho ancora, mi ha dato tutto ciò che poteva tranne il bene fondamentale: l’amore. O, forse, me l’ha dato a modo suo, in modo platonico…impercettibile. E – adesso – sono io che gli faccio da padre, sono io che correggo i suoi errori, che miglioro la visione pessimistica che egli ha della vita, che, talvolta, vorrei finanche accarezzarlo. Ma poi, capisco che – quantunque la mia buona volontà sia apprezzabile – non posso fare da padre a mio padre; in fondo al cuore, mi faccio persuaso che interpreto il ruolo di padre per avere essenzialmente un’idea delle attenzioni e delle premure che avrei voluto ricevere da lui.
Si, mio padre mi ha cagionato danni con il non amore che mi ha somministrato, inducendomi a cercare il calore di altri uomini. Alle volte mi sento normale solo se penso che, in fin dei conti, mio padre è un essere umano e che, forse, ho preteso da lui ciò che poteva (e può) darmi solo il Padre eterno.
Sono religioso e, per me, Dio è il mio papà, il papà vero, unico, affettuoso, insostituibile.
Però…se diventassi padre, investirei capitali d’amore per mio figlio e avrei una sola aspirazione e cioè quella di essere l’unico uomo della sua vita.